lunedì 8 febbraio 2010

Farfalle che flautululano nella notte...

A volte, guardando al passato, si apre una finestra.
A volte la puoi anche scavalcare.
A volte però non sai mica dove finisci.



Eravamo io, Peso e Poscio.
Poscio l’amo chiamato così perché con Patata si iniziava tutti per P, anche se veramente ‘o chiamaveno Roscio, non per i capelli, ma datosi che è comunista così.
Peso invece ce va giù peso coi tamburi, che urleno “basta, perché tanto dolore?”, quando je pesta, mentre Patata se chiama così perché… perché je piace… dai avete capito.
Er puré, appunto.
Siamo il gruppo noto in quanto le Flautolenti Farfalle, e facciamo musica violenta e volgare.
Patata lo voleva pure chiamà Plautolenti Parpalle, ma dopo che l’ha detto siamo stati in silenzio cinque minuti, e je abbiamo passato un artro bonghe: fuma va’.
C’era pure Norma, la vecchia signora che accompagna sempre Peso (è un cane, anzi, una cana, per chi volesse popo fare della biologgìa, ma per noi è la nonna che non ci ha mai cacciato de casa a sputi).
Dunque stavamo tutti lì, ner bunker d’a sala prove, datosi che Patata ci aveva chiusi dentro per obbligarci a sonà, che cor demo stavamo a zero, non facevamo scoreggià ‘e ghitare come se deve.
E per suonare amo sonato.
Norma ha pure arzato l’orecchia due o tre volte, che è segno che la musica funzia se una signora sorda come lei 'a sente.
Ma nun ce capiamo ‘na cimice de mixxe, che a quello ce pensa sempre Patata, e quindi non si registrava.
Allora ce siamo messi ad aspettà che arrivasse, e a fumarce i bonghe, e magnarce la scorta de marz e tuixxe che se porta sempre appresso Poscio, che poi ha pure vomitato.
Suona e magna, suona e magna, e anche dormi e scoreggia, ce pareva 'r caso.
A un certo punto non sapevamo più quanto tempo fosse passato, datosi che i cellulari nun prennevano lì ner bunker, ma le date che essi riportaveno dicevano che trattavasi di giorni, anche se non ci si credeva, e nun se poteva sentì nessuno, e nessuno ce apriva.
L’acqua der bonghe sapeva de fogna, tant'è.

Poi c’è stato ‘r botto.

Un botto senza rumore, come ‘na luce azzurra, di metallo, il colore del suono de ‘na ghitara, che ci ha invaso ‘r cranio, datosi per alcuni lunghi istanti.
Poi gnente: la calma.
La porta s’è aperta, però.
Norma, destatasi dal suo elegante riposo (stava a russà, cinque minuti prima der botto, pe’ capisse), con passo flemmatico ha iniziato a salire le scale.
Siamo usciti tutti.

Fuori ce stava la notte, il freddo, e Roma.

E basta: nun se moveva una mosca.
Vabbe’, siamo in inverno, nun ce stanno le mosche, ma per dire: c’era un silenzio che nun se poteva sentì (per forza, è silenzio, dicheno, ma dai, avete capito).
Camminavamo guardandoci in giro, mentre Norma procedeva sicura, come se sapesse dove andare.
Si fermava ad aspettarci, quando ci si perdeva a guardà Roma abbandonata.
Già: abbandonata.
Nessuno in giro.
Nessuno nelle case (amo guardato in alcune, pe’ sicurezza, e pe’ prenne quarcosa da magnasse, anzichenò).
Poi la signora cana si è fermata davanti a un taxi.
Vuoto, porta aperta.
Ce siamo saliti, e via.
“Namo su ‘n colle, che se vede tutto”, dicheno.
Allora andiamo.
Gira che ti rigira, sali sul colle, scendi sul colle, sali sul colle, scendi sul colle, “passa dellà che se vedono lo Zodiaco”, “ma te pare? Che, stamo a fa' er mignotton turre?”, tutti rintronati dai bong, da un isolamento di chissà quanti giorni, e dalla situazione da firme co’ li zombi, alla fine ci siamo ritrovati a San Pietro dal Buco.
“Ma che ce siamo venuti affa’, qui?”
Sapello.
Visto che ci siamo, guardamo dar buco… e…
C’era un Buco.
Da dentro il buco!
Cioè: non si vedeva il cupolone, ma un buco nella notte.
Tutto sbrecciato di lampi d’azzurro, come il botto.

Non ce stavamo a capì ‘na cimice.

Norma allora dice: sentite, il mio tempo sta per scadere.
Tenete, leggetevi questo giornale.
E statemi bene.

Lascia cadere de bocca la Repubbrica, con la prima pagina che strilla: “DOMANI SI PARTE!”
Poi guarda Peso, je lecca la mano, pare che sorride, si volta e se ne va giù per le vie.
La seguiamo, “Ndo vai?”, ma ci distanzia, e non la vediamo più.
Ce fermiamo a grattarce i pitocchi.
Poscio legge il giornale.
Io dico: ma sbajo o quella cana ha parlato?
Peso fa: a Pè, anvedi quanto sei osservatore… romano anzichennò.
Poi Poscio ce lo dice.

Se ne sono andati tutti.

Ma dove?
Una roba di nexi, nessus, varchi dimensione, roba difficile.

Alla fine però una cosa l’abbiamo capita, anvedi ‘sti zozzi.
Ci avevano dimenticato qui.

Si ringrazia Iskah per il nome del gruppo: tutti i diritti di Flautolenti Farfalle sono riservati ad ella, non faccia la gnorri.
Si ringrazia anche Claudio dei Norma, per la sua apparizione nelle vesti di Peso, e per avermi concesso in prestito, almeno per un poco, la “nana bianca”, Norma, appunto.
Si chiede perdono per un romanesco da milanese che l'ha imparato da mamma RAI.

22 commenti:

Iskah ha detto...

grazie eh, ora la mia reputazione è fottuta :)

hermansji ha detto...

@Iskah ormai ti conviene cambiare anche l'url del blog :P
.:.

peppermind ha detto...

@Iskah: Nevvero!
Cotal nome ispirommi mille e una notte da fine del mondo... vedila così :P

@hermansji: Frotte di adepti accorreranno ad ammirar la Musa, invece!

Iskah ha detto...

secondo me il nome avrà un grande successo prrrrrrrrr

Farfalle Flautolente Band ha detto...

Ringraziamo l'autore del post per averci dato tanta visibilità!! Per sempre grate FF!!

Anonimo ha detto...

A Pepper, che te devo di'?!? E' un gioiello, questo racconto! Perfetto da tutti i punti di vista: storia, stile... mentre la leggevo, buttavo l'occhio sotto, pensando: fa' che non finisca, fa' che non finisca... Non voglio esagerare, ma è una delle cose migliori che mi è capitata di leggere in un blog!
Paolo

ossimoro73 ha detto...

ma che bello sai parlare romaneco meglio dei romani :)

Chica ha detto...

bravo Pepper...veramente un bel racconto...e anche il romanesco laddove l'hai usato...a me è venuta la tentazione fortissima di tradurlo tutto in romanesco...romanesco..;)
che dici ? potresti arricchire il tuo vocabolario Italia-Romanesco...

賈尼 ha detto...

Roma vota, abbandonata, tutta per me... è 'na favola, artroché! Potessero succede a me 'ste cose mannaggia.

peppermind ha detto...

@iskah: Fanno già furore tra i metallini!

@FFBand: Ma non c'è di che!
Grazie a voi!

@grafemi: Paolo... hai esagerato, poi :P
Grazie, veramente...

@ossi: Che bel complimento che mi fai... grazie :)

@Chica: Ma grazie anche a te!
Certo che vorrei che lo traducessi, ne sarei onorato.
Essere tradotto in tutta Roma... che robe.

@Janos: c'è che apri poche finestre, quel raffreddoraccio che ti assilla...

Anonimo ha detto...

Grazie per il reading ;)
Scrittoingrassetto

Claudio dei Norma ha detto...

"Poi guarda Peso, je lecca la mano, pare che sorride, si volta e se ne va giù per le vie."

Grazie, Pe', è il ritratto perfetto della nana bianca.
Quello che è sconcertante è che non siamo mai stati in sala insieme ma hai descritto perfettamente il comportamento della signora Norma Dei Guerra in Bispuri in salaprova ai tempi degli AtomPigNeon. Non ho parole.
O meglio, una, la più aprropriata:
grazie.

nemoravi ha detto...

Difficile, caro Pepper, aggiungere un complimento che non ti sia già stato fatto :) quindi me la caverò dicendoti che: il romanesco forse non è perfetto, ma non sono io a poterlo correggere che non sono di 7 generazioni e, sinceramente, l'effetto romano de' roma l'hai ottenuto in pieno; ma più di tutto ci tengo a dirti che mentre leggevo mi è venuto in mente il ciclo del Drive In di Lansdale. Questa sorta di apocalisse 'romana' del giorno dopo, con i suoi protagonisti sgangherati mi ha fatto pensare, come grafemi, fà che non finisca...
:) bello davvero Peps!

peppermind ha detto...

@SiG: È stato un piacere :)

@Claudio: Il merito è tutto tuo, dico sul serio... i tuoi pezzi sul tuo blog dicono così tanto :)

@VicKy: Grazie :)
Il trucco per questo NON-romanesco è considerarlo come una lingua a sé... quela appunto imparata da un milanès semi-napoletano ascoltando la RAI.
Un milanesco, via :P

nemoravi ha detto...

Ecco quello che mi era sfuggito! Mi dici da quale programma/canale Rai hai imparato il romanesco?! Oppure ti riferisci in generale ai programmi che vengono registrati a Roma? :)

Chica ha detto...

Pepper..io il pezzo l'ho tradotto...dimmi dove te lo devo mandare....e ...volevo provare a leggerlo, in romanesco per Collettivo Voci...Posso?

peppermind ha detto...

@VicKy: La seconda che hai detto... poi, alla mia epoca, non esisteva ancora berlusconi e la lega, questo brianzolismo imperante, e alla Rai si poteva sentire molto, ma molto di più che ora, il mondo dipinto in romanesco.

peppermind ha detto...

@Chica: Ma certo che puoi leggerlo!
Mandamelo a drpeppermind@gmail.com.
Grazie :)

Chica ha detto...

Pepper..te l'ho spedito..:)

Elle ha detto...

Tempo fa ho letto un'intervista ad uno scrittore di romanzi.
Sostenevaa che lui, prima di mettersi a fare quel mestiere, aveva frequentato un corso di sceneggiatura e consigliava a tutti coloro che volessero scrivere un romanzo di frequentarne uno, prima.
Ecco, leggendoti ho avuto la sensazione di leggere una sceneggiatura, è tutto così talmente vivo e reale che mi son sentita proiettata lì, a guardare da quel buco, su quel balcone che domina Roma. Da lassù si respira un silenzio che pare quasi irreale, un non-luogo in cui sono stata un'unica volta anni fa (e non so nemmeno se è lo stesso di cui parli tu, ma a me, quello hai ricordato).

Quanto allo stile mi hai ricordato Stefano Benni, ma anche i monologhi del buon Brignano.
Nella descrizione delle atmosfere invece, quando alzi il volume della vocina interna dei personaggi, quella che normalmente tace e che solo pochi cani riescono a sentire davvero, mi hai ricordato solo Peppermind.
Grazie per i brividi, i ricordi e le emozioni.

peppermind ha detto...

@Chica: Visto e risposto! :)

@Elle: ... dai non fai così, che sembra che ti pagassi (svalvolo i verbi).
Bello quell'orecchio che hai per le vocine...

Elle ha detto...

Pepper, non so te, ma io svalvolo spesso. E a gratisse!