giovedì 29 luglio 2010

Humor grigio #16 (pillole amare)

Eccovi un pastiglione infrasettimanale, giusto per rovinarvi la digestione del quasi venerdì.
Non dite che non vi regalo mai niente.


Bruce Banne
r: Reed (Mr Fantastic), ma tu sei buono come Gandhi!


Impossible
Man: Reed... tu gandi?


Se non avete capito, meglio: la vita è bella quando non capisci l'impossiblella. È quando la capisci che vedi il mondo a neri strisci.

domenica 25 luglio 2010

Paraddosso.

Sono me stesso quando non sono me stesso.

mercoledì 21 luglio 2010

Faccende domestiche.


Odiava lavare i pavimenti.
Odiava tutti i lavori di casa. I sanitari, la stupida moquette, non aveva voluto toglierla appena arrivato, e ora era un nido di peli, briciole, che non aveva mai voglia di passare all'aspirapolvere. La cucina, i vetri delle finestre, la patina di nicotina che si accumulava.
Odiava dovercisi dedicare, a 'ste cose.
Ma i pavimenti erano il peggio.
Sudava come una cisterna indiana, vedeva le goccioline che si schiantavano sul pavimento umido di mocio appena passato, poi ripassava il mocio, su e poi giù, su e poi giù, spostandosi orizzontalmente, e goccia, mocio su, goccia, mocio giù, goccia, su, goccia, giù.
Era metodico almeno.
Ma stancante, poi tremava di fatica, il corpo lucido d’umidore, quando finiva, la sigaretta tra le dita vibrava mentre aspirava.
Ma oggi gli toccava farlo.
Lavare quel pavimento.
Mattonelle arancioni, tutte rovinate da sfregi, ammaccature, che davano sempre l'impressione che era rimasto qualche peluco, qualche agglomerato di schifo, anche dopo la pulitura a fondo, rettangoli uno dopo l'altro, e lava, lava, mocio su, goccia, mocio giù, sembravano non finire mai.
Eppure si trattava solo di cucina e bagno, visto che in sala c'era la moquette.
Ma non finivano mai, quei rettangoli.
E gli toccava proprio farlo, 'sta volta.
Lo odiava, e doveva farlo.
Era già la terza volta di seguito che ripassava quella superficie dall'aria tonta, grossolana.
Perché le prime due volte, quando si era asciugata, quel colore fesso, era... più ruggine, che arancio.
E allora aveva ricominciato, lavato una seconda volta, e ora una terza.
Sfrega, mocio su, goccia, mocio giù, goccia, sfrega, mocio su e mocio giù.
Gambe che tremano, braccia che tremano, vista un po' appannata.
Ma l'aveva sgozzata così, tutto d’un botto, mentre si lamentava che faceva caldo, si lamentava sempre, sempre, sempre e sempre, e lui zitto, e che caldo che faceva in quella casa, e che non sopportava il contatto con una maglietta, e figurati addirittura scopare, e lui zitto, e perché non ti sei comprato il condizionatore?, e perché non almeno un ventilatore?, e sei pigro, e non fai mai niente, e lui zitto, e che caldo in questa casa, e ancora, e ancora, tutte le volte che veniva lì, sempre e sempre così, e lui zitto, e allora sai che c’è?, adesso vattene affanculo tutto d’un botto: l'aveva sgozzata così, su due piedi.
Quindi ora gli toccava proprio.
Si era avvicinato con calma, da dietro, un soffio secco, una mossa da artista di circo, spettacolare, teatrale, prima il braccio sinistro a circondarla, tenendole dolcemente le spalle, e lei che si zittiva, ma come, ti dico che fa caldo e mi abbracci?, e poi la mano destra che veloce le tagliava la gola, da sinistra verso destra, il grattare della lama sulla pelle che si sfalda, continuando il tragitto, amplificato di spalla, un'apertura alare, un getto fluido, denso, lo schioccare lascivo di liquido su materiali lucidi, uno scroscio di pisciata su plastica dura, e il braccio disteso nella sua lunghezza da palcoscenico, col coltello seghettato ancora in pugno, il corpo lasciato libero dall’abbraccio, il suo rumore di uova spiaccicate al suolo, et voilà mesdames et messieurs!, applausi, applausi per Dio!, e giù inchino.
Applausi, sipario.

Quindi poi aveva dovuto buttarla via, materiale da scena inservibile.
Buttarla insieme alle sue cose che si portava dietro quando si fermava da lui, buttarla dentro un cassonetto a isolati di distanza.
Dentro la notte deserta di città.
Una palla, ma niente in confronto a tutto quel cazzo di sangue.
Odiava lavare i pavimenti, ma ‘sta volta doveva proprio farlo.

Ecco, ora aveva finito di ripassare le stronzissime mattonelle arancioidi.
Per la terza vaffanculissima volta.

Ma niente: dopo venti minuti di tremori, sigaretta, acqua per reidratarsi, quell’idea di ruggine era ancora lì.
Per rettangoli e rettangoli, all'infinito.
Non se n’era andata nemmeno ‘sta volta.
Niente… altro secchio, altro giro: di nuovo a cercare di lavarlo via, quel sangue.
Certo che però… Uno fa uno, dico un gesto teatrale, ma uno solo!
Uno unissimo nella vita!
E che cazzo, ma ti pare che lo deve pagare così?
Poi dice che la gente non va più a teatro.

E vabbe’, al lavoro.
Mocio su, goccia, mocio giù.
Goccia.

sabato 17 luglio 2010

Humor grigio #16 (pillole amare)

Impossible Man è partito, era uno, non cercarlo quaggiù, se c’è stato è cascato, spappolato nel blu!
Vabbe’, è in ferie, via.
MA: si è peritato di inviarmi missiva che raccoglie le sue bat tute (proprio così le noma, BAT TUTE, rubate a BAT MAN, sic, ventata di aria fresca), perché vogliamaiddio che qualcuna me la perdo, e lui me ne sostenta prontamente!
Quindi, vergate manu propria, ora le contemplo tra l’ammirato e lo stirato.
E ve le propino una ad una, in pillole.
L’amaro boccone.

Bruce Banner: Impossible… Hai le forbici?

Impossible: Sì, ma le usano soprattutto i ciclisti... for bici!

Rebus: immagine della targa di Varese, lettera EFFE, immagine di un sostenitore accanito, immagine di un retro-sotto-busto.

martedì 13 luglio 2010

Musica da cortile.


Mi fanno male gli occhi, mi concentro sulla traduzione, sullo schermo.
Finestre aperte, mezzogiorno di domenica: rimbalza dentro casa, sui mobili, rotola sulla scrivania, il tonsillare di Gigi D'Alessio, più e più volte, diverse canzoni, mai sentite, e si accompagna a singhiozzo una voce di donna, calda, roca, niente male, ma stonata.
Sbuffo, mi massaggio tra occhi e naso, scelgo l'mp3 giusto: gli sparo a 10 i Sepultura, glieli erutto fuori.
Tutti gli uomini suonano a dieci.
Se non puoi farteli amici, combattili.

Cammino nel vialetto del cortile, mi sembra quasi di lasciare muri di calore ai miei fianchi, alti, traslucidi, ipnosi da caldo assolato.
Raggi eterei di musica aliena reticolano di fronte a me. Rallento il passo, mi fermo, alzo il capo a cercare la finestra.
Il sassofono (tenore... sì, tenore secondo me) tesse la sua tela di arpeggi semidiminuiti.
Attraverso la rete di note in punta di piedi, surreale, geometrie ellittiche, sorridendo a quel richiamo di altre dimensioni.

Alle sei di mattina c'è un altro merengue, quando mi tolgo la cuffia, tanto è sabato, domani non faccio niente, posso guardare film all'infinito.
Poi finisce, le risate, frasi ad alta voce di maschio spagnolo, scrosci di urla polifoniche, le risate ancora le risate di femmine sudamericane, spiovono, perforano letto e divano, picchiano duro, accoltellano, feriscono occhi e stomaco.
- Basta! Dobbiamo dormire!
Un attimo di silenzio, dopo l'ennesimo sbottare di anziana esasperata.
- Segnorra se vede che non è mai stata giovane!
La donna del capo, i suppose, e le risate, le risate dietro di lei.
Com'è che nessuno chiama la polizia, mi chiedo, saranno pericolosi, mi rispondo.
Esito un attimo a rimettermi le cuffie verso un altro film, inizia una salsa calipsata mica male, con dei nachos e del chili, viene fame se ci pensi.
Mi accendo una sigaretta.

Davanti al computer, scelgo quale telefilm guardare.
Cristalleria di metallo, una filastrocca di pianoforte marcia composta come tanti soldatini di piombo che scendono dall'alto, entrano dalla mia finestra, luccicano al sole che passa tra le foglie dell'albero, un due, un due, siamo We are the champions dei Queen, per l'ennesima volta riprovata, con i soliti errori, le solite crepe che cigolano l'esecuzione rigida come una pianola a manovella.
Sorrido, suonala ancora Sam.
Che comunque ci piace, ci spensiera, annuisce la gatta.

Chiudo il getto d'acqua della doccia.
Mi infilo l'accappatoio, mi sfrego i capelli nel cappuccio.
Appena smetto l'aria calda del bagno viene levigata dal filo corposo di un violoncello.
Vola, si scioglie, respirando da ogni poro che riesce a trovare per entrare da me, e uscire, e volare ancora, verso il cielo dell'estate.
Esco dal bagno, mi accosto alle persiane chiuse della cucina.
Chissà chi sei, tra tutte queste facce disperse, sportine della spesa, zaini, cazzuole e ventiquattrore, chi sei tu, angelo di ringhiera.
Chiudo gli occhi, annuso le volute armoniche, il vibrare e il levarsi.
La gatta sul davanzale, rimaniamo così.
Appesi a questo aquilone di luce.

mercoledì 7 luglio 2010

#ViolenceInRome (R(h)umor di manganellate e sangue).

Finalmente chiarito il mistero dell'elmetto rosso!

Quando si va tra terremotati, meglio proteggersi dall'imminente caduta manganelli.

Il premierabile ricaricabile più saggio e previdente della storia della repubblica, nella foto stava dicendo all'anziana signora: quando arrivano le sagge e lungimiranti forze della polizia, mi raccomando, mostri questo lato della faccia, che viene meglio.

Tutti i dettagli di questa saggia e felice giornata per l'Italia intera li potrete trovare in questo articolo, che è un po' comunista di merda, ma insomma, non si può avere tutto:


sabato 3 luglio 2010

Quarkettoes: L'estinzione del tuttofare della dittà. (p. 3)

Buonasera amici,
ergosi che caldeggia calura e tennici ch’appongano lo giusto testo sur lo gobbo ch’io leggo esser non parvi, dirado le ciance e protraggo il palinsesto del carteggio Deadpool-Internettoes, nel desio di coglier lucore nell’ennimmatica vicenda dell’estinzione del suddetto, la cui precedenza puntatale trovereste nelle parti uno e due previamente postate.

S’apra la danza:

Mail del 22 giugno 2005

Oggetto: wc ripristinto (era estinto, ora… oh, whatever)

WC verde ora funziona
(a uno gli viene da pensare: semaforo verde per la cacca!)

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Mail del 27 giugno 2005

Oggetto: Pitturafresca

ATTENZIONE!

nontoccate il muro dove c'è il cestino di fianco il distributore della
cocacola e soprattuto non fare nulla su quel pezzo di muro per oggi.
grazie Wilson
(a un altro invece gli viene da istupidirsi: ma su quel pezzo di muro quante cose al mondo puoi fare, costruire, inventare, ma trova un minuto per me?)

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Mail del 12 luglio 2005

Oggetto: tessra per entrare

c'è qualcuno in ufficio, mi puo aprire?

non trovo il beg grazie wilson

(beg? beg your pardon? Ma no, ma no, miei piccoli coworkerini, trattasi di BADGE… sic. Mi piace immaginarmi il Deadpool davanti al computer di casa che scrive la mail e poi si affretta a raggiungere la ditta nella speranza di trovare il portone uverto)

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Mail del 22 luglio 2005

Oggetto: pianta reception

Ciao a tutti - non è una comunicazione per tutti (allora ciao ad alcuni?) giusto a qualcuno quindi
rendo partecipe 1po (sottotitolo: un po’) tutti ma niente di particolare ed è quanto segue:

Ecco dunque, attenzione alla pianta adiacente (scelta di termine deliziosa, niente da dire) porta d'ingresso,
trapiantandola ho visto che era inzuppata d'acqua. Poi vabè adesso è
apposto, (per forza l'ho ripiantata) (sottotitolo: grazie al cazzo) il sottovaso è divenuto vaso quindi ha
il buco ecc. (leggesi: mutatis mutandis, il sottovaso ha acquisito le caratteristiche vaso-fattive)

Grazie a tutti.

vorei dire anche: il WC non è molto distante dalla reception! (non pisciate quindi nella pianta? BOH!)
Ciao Mary-Jane grazie ops scusa... ho fatto il tuo nome! Ma si dai, lo so è colpa
di quest'accidia che ci piaciue taantoo. (istupiditevi tutti al mio via… VIA!)


Visto che oggi le avevi a pranzo... potevi lasciarmi una mela da mettere in
bocca?
Egoist...!
(glom… che sopraffina allusione arcoidale alla suzione del seno centralinistico?)


Ovviamente tu sai, ("sei punita") che scherzo... smack!
il tuo collega di fiducia Wil
ciaociaooo

E quivi porgo l’occasione di congedo!
Alla prossima e ultima puntata di cotesto roboante carteggio!
Ciaociaooo dal vostro
Peppe Angela