mercoledì 27 luglio 2011

Certo che se ogni volta vi devo spiegare tutto.

Allora, cari fanatici razzisti, fermi un attimo.

Le persone normali, o se preferite, gli anti-razzisti, comunisti, anarchici, democratici, querchevepare, solitamente concedono la libertà di espressione a tutti solo in un contesto in cui è pratica comune che tutti concedano libertà di espressione.

IN QUESTO CONTESTO, dove chiunque non abbia la religione che dite voi, le convinzioni che dite voi, l'educazione che dite voi, il colore, la puzza, i gusti, i piedi, i denti, il cazzo e la figa che dite voi, IN QUESTO CONTESTO dove chiunque non sia come volete voi finisce massacrato a fucilate in faccia, bruciato, ingabbiato, rispedito nella merda, IN QUESTO CONTESTO:

non lamentatevi poi se vi concedono solo sprangate e calci nel culo.

Non mi scandalizzo, non piagnucolo per quel che dice Borghezio, o per il fatto che stia seduto in parlamento, o per il fatto che quasi tutta la Lombardia la pensi esattamente come lui.
O sto zitto e tiro avanti, magari prima o poi le cose cambieranno.
O tiro fuori la spranga dall'armadio e son cazzi miei.
O di chi non la pensa come me.
Contenti?

giovedì 14 luglio 2011

Andare, lontano.

Non voglio frasi lunghe, magari piene di virgole, con tante parole tutte leccate e pettinate, quelle che se parlo col Piero che ciapa su la bicicletta in del curtil, mica le uso mai, ma mai.

Non voglio quelle tiritere, tutte occhi tristi, cuori spenti, desideri rimasti col culo per terra, che rimbalza ancora per l’inerzia e fa i rumorini di frenata come nei cartoni animati, e allora via tutti a piangere mancanze, delicati ma solenni, integri nella disfatta, che alle donne piace, eh?, vedrai che si tromba a sangue.

Non voglio nemmeno la camminata lenta, elegante, storta e dignitosa, l’eroe di tutti i giorni, polvere e sole crudo sui vestiti sporchi, ma che commozione, guarda, ma che guardi che mi commuovo solo io, gli altri son lì, sbadigli imbarazzati, mi mandano affanculo, fan così con la mano, ma vai va’, va’!


Non voglio personaggi che non vedi, non incontri, non senti il piscio e sudore di un qualsiasi vecchio curvo su una carrozzina lì nei corridoi verdognoli e senz’aria, non tocchi, non pensi che sembra tutto vestiti, il corpo dov’è qui sotto?, che merda morire così, lento, su pavimenti lucidi.


Non voglio un mondo dove tutto torna, magari male, fa male, o bene, fa ridere, ma torna, tira la riga e c’è il risultato, ma quando mai due, tre, quattro, ma bastano solo due, strade si sono incastrate bene, come si deve, son tutte curve, spaccate, l’acqua dai tombini, sassi ed erba secca, che cazzo pretendi?


Non la voglio ‘sta roba.

Andate via di qua.
Non si può.

venerdì 1 luglio 2011

Milano sono tutto tuo.

Avete iniziato qualche mese fa.

Robe qualunque, non so, passarmi davanti mentre ero in fila alle poste, io che vi guardavo con l’occhio che ‘l diseva uè, ‘ste fé? Spèta il tuo turno, ma voi niente, uno, due tre, tutti a fregarmi il posto, uè alora?, urlavo, e vi fermavate, però ‘stavolta voi con l’occhio da e questo?, da dove salta fuori, l’avevi minga vist.

Poi tutto normale per giorni, e poi ancora ricominciavate, non so, tipo che quasi mi stirate che sunt in mèss alle strisce pedonali, e non una, ma due, tre macchine di seguito.

Autobus che tiran via dritto, mentre sun lì a la fermada, cani che mi pisciano addosso, spintoni sui marciapiedi, ma vada via i ciap pirla! Urlo, urlavo sempre quando facevate così, e niente, non mi sentivate.

Non mi vedevate.

Pian piano sempre di più, finché manco i mè amis, manco voi... al punto che niente più telefonate, anzi, telefonare sì, ma sentire no, pronto?, pronto?, ma chi è, e io parlavo, parlavo, ma sempre di là voi che, ma chi è?, basta telefonare e disi nient!, e giù la cornetta.

Allora basta. Ho smesso.

Non mi vedete più? E son cazzi vostri.

Roba gratis al supermercato, al cinema, dove mi pareva.

Solo, solo e solo. In mezzo a tutti voi.

E poi non ti arrivan quei chì?, gli Alter… non è milanese, non è vi alter, sono gli Alterdimensionali. Alieni da un’altra dimensione.

Arrivano gli Alter e vi riempiono la testa di cazzate a vi alter (ridere), e in qualche settimana, un aggeggino nell’ore cchio qui, uno là, e via, tutti con 'sto coso nei urecc, uno per ognuno di voi, fatto su misura, solo qualche settimana è bastata, e via che ve ne siete andati tutti.

Tranne me, ovvio: a me manco gli Alter mi hanno visto. Magia, miracolo, fregati, fregato.

No aggeggino, no parti, sì rimani.

Non solo non mi vedete più, ve ne andate pure. Vabe’, l’è li stess.

Ora mi siedo qui in alto, su questa Milano, da solo, solissimo, solerte, quasi. In mezzo a nessuno di voi.

Qui, in cima alla torre Velasca, e guardo. Vedo la sfera, quella degli Alter, ancora qualche scarica elettrica bluastra, ma lentamente si sta dissolvendo. Lascia il nulla al posto del Duomo.

Aprire la porta dimensionale proprio addosso al Duomo, su no mi. ‘Sti chì me la cunten minga giusta. A Roma sul cupolone, qui sul Duomo, buchi nella nostra dimensione, sì, però propri dove ci sono… secondo me ce l’hanno su con l’arte. O con la religione.

Con noi.

Vabe’, tanto ormai l’è tardi.

Respiro, aria dolce, ghiacciata, plano con lo sguardo sui tetti, le finestre, qualcuna illuminata, luce dimenticata accesa, che fretta voi tutti, che impazienza di andarvene, accarezzo i muri gialli, grigi, azzurri e blu per la sera che si sdraia lenta…

Che pace.

Che vento.

Dondolo le gambe nel vuoto di città.

Sorrido.

Milano ha gli occhi stanchi.


Questa finestra si affaccia sullo stesso paesaggio di quest'altra.