venerdì 24 febbraio 2012

Primo sole.

Ecco, adesso mi scalda una fetta di gamba.
Pian piano mi salirà sulle lenzuola che sanno di lisciva, mi scivolerà addosso, e poi se ne andrà.
Questo è il primo sole vero, dopo questo inverno.
E io sono ancora chiusa qua dentro.
Stesa su questo letto.
Ospedale.
Puzza di ospedale.

Sono sola.
Ho sempre vissuto da sola.
E una dopo un po' vuole vivere la vita che conosce, la vita di una che è da sola, ci è abituata, che ci vuoi fare, voglio tornare a casa e buttare le scarpe di là, i pantaloni di qua, sdraiarmi sul divano, senz apulire un tubo, pavimenti, piatti, basta, per oggi ho finito.
Certo, certo che mi sento sola, che mi sento quella tristezza di non parlare con nessuno. Nessuno per fare due parole, a casa, senza uscire, magari davanti a una fecciosa trasmissione della RAI, o magari adesso che c'è il sole su un terrazzo, seduti, l'aria fresca.
Certo.
Ma.

Seduta.
Sola.
Su un terrazzo sconnesso, distrutto dal mal tempo, dall'inquinamento, questa cappa opaca che non si toglie mai dalle palle di questo cielo di feltro.
Mi fa male la ferita, cammino male, meglio rimanere seduta.
Fa meno freddo oggi, ma c'è sempre polvere, se respiro a fondo tossisco, smog, schifi vari, chissà che cazzo ci hanno sparato dentro a questa atmosfera di merda.
Guardo tutta la città.
Sola anche lei, come me.
Deserta.
No, c'è qualcuno lì sotto, nella via.
ma che cazzo fa quel coglione?
Agita la pistola... l'appoggia sulle gambe...
Ma che emerito buffone.
Uomini.
Tutti stronzi.

Ecco, andato via.
Il sole.
E il mio sogno ad occhi aperti.
Il mio soffocante mondo lontano.
Ma perché cazzo poi ci vado a finire ogni volta?
Mah.
Tutte stronze le donne.

martedì 14 febbraio 2012

Mondolontano, quindi...

Esco. Fuori c'è polvere, vento che stona tra fessure, crepe di case deserte, freddo che ti fruga sotto il cappotto, ma qui dentro l'ombra mi fa mancare il fiato.
Esco, quindi.
Cammino sulla veranda di metallo e ruggine.
I miei stivalacci fanno rumore, risuonano, ad ogni passo che faccio.

Mi siedo sulla panchina di ferro, la vernice verde pallida, scrostata.
Gambe larghe, tengo il cappottone aperto, lascio vedere il cinturone.
Mi calco il cappello sulla fronte, mi tiro su la sciarpa, cerco di coprirmi fino al naso, contro il gelo, il vento bastardo che mi vuole ammazzare di polvere.

Tiro fuori la pistola dalla fondina.
La alzo, scuoto il polso, i riflessi smorti di questo sole sulla canna rivolta verso l'alto, che si veda bene, se sei lì appostato col tuo fucile, vedi di ammazzarmi al primo colpo, se no sono tutti cazzi tuoi.
Poi appoggio la mano con la pistola sulla gamba destra, la canna parallela al terreno, rivolta verso sinistra.
Io sono qui.
Mi sto rilassando.
Non rompete il cazzo, ok?

Poi il capo mi chiama.
Sparisce il vento.
Sparisce la polvere, il freddo, quella presenza che sentivo nella casa vuota di fronte.
Sparisce tutto quel mondo lontano.

Sono di nuovo seduto di fronte al mio monitor.
- Hai guardato che problema aveva il router di raccolta area Milano?
- Sì, il solito attacco subito dal solito cliente. Aggiornata ACL, però che rottura di coglioni.
- Paga bene, e il TUO direttore generale è felice.

Di nuovo seduto qui.
In ufficio.

Eppure la sento.

La sagoma della pistola.
Qui, appoggiata sulla mia gamba destra.

Ocio eh?

giovedì 2 febbraio 2012

A spiaggia, a spiaggia!

Guardo tutto questo mondo di bianco, (non mangio la neve gialla), sento il naso che gela, rimango appoggiato contro il vetro, dalla bocca il fumo, o il vapore, o la sigaretta, ma le mani in tasca, e l'occhio sinistro che non funziona.
Sento tutto il freddo, però.
Questo freddo.
Questo buio anche se bianco.

E di colpo sono in maglietta e costume da bagno, prendo l'asciugamano, quello grosso, iltelomare, e via che esco! Esco a piedi per le strade, la pelle poi s'indurisce, e corro, ci ho fretta.
(Il sole, quel colore d'argento che ha, là lontano, sul dorso del mare.)
Passo in mezzo alla gente, chi guarda i negozi, secchielli e palette, le biglie, i corridori, le auto, le infradita e gli occhiali.
Bambini, uomini, donne con la pelle caffelatte, o terra, o marmo, la pelle che a volte sembra d'arancio, a volte di fuoco, la pelle delle gambe, delle chiappe, la pelle di tutti i colori, ma nuda, scoperta, respira felice.
Poi li vedo, gli ombrelloni, e arrivo sulla sabbia.
Là, l'animale che sonnecchia, ti aspetta.
Dove il mondo si spezza, lui inizia.
Finisco la corsa, mi tuffo? Mi tuffo.


Nel mare.

Ma no, figurarsi, porto la sigaretta alle labbra e son subito qui.
Nell'inverno.
La fronte sul vetro.
La neve e poi il buio e poi niente più mare.
Niente più mare.
Niente più spiaggia.
Che male.