Stava proprio tra quei due negozi, uno di lampadari l’altro di cucine di lusso, in quella via di ricchi.
Suonava la chitarra, perfettamente accordata, consumata da anni di ditate e unto di nicotina, accordi duri di moneta da un euro usata come plettro, senza sbavature, metallici, cristallini. Non cantava, suonava e basta.
Stava lì, in piedi, con un maglione sporco di nuvole, fili che pendevano, sottile, sembrava carta.
Suonava, con questa chitarra e questo maglione, nudo dalla vita in giù, il cazzo moscio, le vene scure, la pelle bruna di freddo, le gambe smagrite, le ecchimosi, i piedi duri di asfalto, fuliggine e chilometri, la faccia appuntita e i pochi capelli grigi e neri.
Tremava un poco, mentre scandiva il suo suono millimetrico, il cazzo balbettante nell’aria gelida, la bocca serrata, nessuno lo vedeva, nessuno lo sentiva, nessuna moneta cadeva nella custodia della chitarra afflosciata sul selciato.
Nessuno lo guardava, nessuno lo ascoltava.
In quella via.
In qualsiasi via.