martedì 2 luglio 2013

Pianoforte remoto

Suona, suona, suona lontano.
Suona, muove gli occhi immersi nel REM e suona.
La solidità dei tasti neri che affondano in quelli bianchi, quello scatto, i polpastrelli sull'avorio fresco, la mano che sale sui diesis, riscende sui bequadri, suona, suona lontano.
Rapidi movimenti degli occhi.
Che musica, fa male, strappata dal ventre, dall'inguine, dal cazzo, dalle tempie di ferro e dal buco del culo, che musica, quanto fa male.

Si gira nella solita pozza di vomito e pioggia.

Le mani sbattono nel liquido marcio, alzano schizzi di pus.

Ma che mu, ma che mu, ma che musica maestro di 'sto cazzo.

Si dibatte nella propria merda.
Rapidi.
Occhi.
Tasti.
Suona.

Un pianforte lontano.
Ma lo suona.

Si alza a sedere di scatto.
Vede la donna.
Quella che gli ha sparato via il cervello contro il muro.
Lei si accorge che è sveglio.
Sgrana gli occhi, non riesce a crederci che sia ancora vivo.
Si china per guardarlo meglio.
Lui le tira un calcio secco in faccia.

Schizzi di sangue nell'aria grigia e pesante, il rumore di un naso rotto, e poi del corpo della donna che sbatte sullla superficie incatramata del tetto piatto su cui si trovano.

Lui si gira.
Vede un bambino ammutolito dalla scena.

"E adesso che cazzo c'è ancora?"

Sente ancora se stesso che suona un pianforte che non c'è.

3 commenti:

賈尼 ha detto...

Allegria!

Anonimo ha detto...

ma che schifo

Claudio dei Norma ha detto...

Se provochi schifo vuol dire che fai effetto. Però perché fai schifo sarebbe da capire.
Grazie Pepster, bello scorcio di quotidiana anomalia.